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COMUNE
DI POZZALLO |
Giovanni Lucenti - Biografia |
Fin da quando frequentava
l’Avviamento professionale, l’unica scuola secondaria esistente a
Pozzallo, cominciavano ad affiorare in lui tendenze artistiche, che lo
portavano a ritrarre tutto ciò che aveva dinanzi, persone, animali,
nature morte e quanto riusciva ad interessarlo.
Questa sua inclinazione poteva
peraltro trovare spazio soltanto all’Istituto d’Arte di Siracusa – il
più vicino a Pozzallo – dove, con buoni risultati, studiò pittura,
disciplina verso la quale dimostrava quella straordinaria versatilità
che lo avrebbe ben presto avviato verso un cammino più confacente alle
sue attitudini.
Terminato il corso di studi nel
1963, ad appena 19 anni, prese la coraggiosa decisione di affrontare il
giudizio della critica e del pubblico, partecipando con diverse opere a
mostre collettive o personali, riscuotendo ovunque gli apprezzamenti di
una critica severa ma gratificante per un giovane alle prime armi.
Viveva infatti la pittura in
maniera intensa e vi si immedesimava appieno, perché da essa riceveva
soddisfazione ed incoraggiamento per opere ricche di fascino che, grazie
alla loro luminosità ed alla loro bellezza, riuscivano a catturare
perfino l’attenzione degli osservatori molto attenti.
Rodolfo Cristina, pittore noto in
campo nazionale, e Beppe Assenza, filosofo dell’Arte a livello europeo,
lo riconobbero come pittore assai dotato e serio. Dino Villani lo
ricorda come “un artista siciliano che si distingue dalla maggior parte
dei suoi colleghi conterranei” che usano alterare “il colore della loro
terra”, mentre egli riesce a trasfigurare “in una atmosfera lirica, il
paesaggio che ha intorno”. Il critico Gioacchino Lentini lo definì “un
poeta della pittura”, concetto poi ribadito da Armando Galea, che nella
produzione artistica di Giovanni Lucenti, trova i motivi ispiratoti
della sua pittura, una pittura che delizia l’occhio ma anche il cuore
per il suo contenuto poetico.
Critica incoraggiante, in grado di
dargli la spinta giusta per aiutarlo ad affinare la sua sensibilità di
artista: sensibilità che lo portava a dedicarsi anche, con estrema
naturalezza, a tempere, acquerelli, disegni ed acqueforti, dando così
libero sfogo alla sua ricca fantasia e confermando in lui l’immediatezza
dell’immagine che è propria dei pittori impressionisti.
Ne sono testimonianza i suoi
quadri, dove case, terra e muri, sabbie e paesaggio, fanno avvertire
perfino il passaggio delle stagioni, mettendo in evidenza la sua gioia e
la sua malinconia, la sua sensibilità, i pensieri e le preoccupazioni
del momento: motivo per cui era facile intravedere nella sua opera il
riverbero della sua anima poetica, alimentata dalla lettura dei nostri
maggiori poeti. Era anzi poeta egli stesso, come fa fede “Conosco”,
datata 5 marzo 1969, una delle tante poesie scritte nei momenti di
maggiore ispirazione: “C’è al mio paese / un lungomare / aperto ad
occidente / dove sovente / sul far della sera / il cielo mi svela / un
così iridescente fulgore / che in esso spaziare vorrei / Eterno come
/sorriso di luce”.
A 36 anni decise di dare
completezza alla sua vita e sposò Salvina Nuzzarello, con la quale
condivise, da quel momento, gioie, dubbi, aspirazioni ed incertezze,
assieme alle gratificazioni della critica, dalla quale arrivavano
comunque stimoli per nuovi traguardi, stimoli ulteriormente accentuati
dalla nascita dei tre figli.
Famiglia e lavoro furono per lui
un binomio costante di serenità, al quale sentiva la necessità di
aggiungere altresì il desiderio di comunicare agli altri la sua innata
passione: e lo realizzò insegnando Educazione Artistica prima a Scicli e
poi a Pozzallo, dove rimase fino ai suoi ultimi giorni.
E fu un insegnante aperto,
comprensivo, generoso, convinto di poter offrire ai giovani qualcosa di
veramente suo: voleva infatti riuscire a far capire loro quanta gioia
possano dare colori e pennelli e come un quadro possa destare entusiasmo
e suscitare momenti di serenità a chi si sofferma per ammirarlo. Per di
più, egli riteneva il colloquio con gli adolescenti oltremodo salutare
mentre, i risultati ottenuti, erano la conferma della validità di un
insegnamento intensamente vissuto.
Probabilmente, questi furono gli
anni di maggiore creatività, come si evince dalla critica che continuava
a riservargli valutazioni lusinghiere.
Ed il successo non gli era mancato
neanche nell’ultima mostra alla quale aveva partecipato, quella sugli
Artisti contemporanei, allestita dal 7 al 30 giugno nella Galleria
d’Arte “Il Guercino” di Milano, assieme a Fratantonio, Magneco, Fiume,
Venditti ed altri noti pittori italiani.
Purtroppo, il 9 agosto 1991, a
soli 47 anni, un tumore ai reni non diagnosticato in tempo pose fine ad
una vita costellata sì da successi artistici, ma anche da sofferenze
fisiche, verso le quali la medicina si era dimostrata impotente: morte,
preceduta da cinque lunghi mesi di tribolazioni, che fu uno strappo
traumatico per la giovane moglie e per i tre figli, tutti sotto i dieci
anni, ma lo fu anche per la nostra città che, con la sua scomparsa,
perdeva un pittore di valore al quale erano state negate le opere della
maturità, che sono notoriamente il compendio di una vita. Artisticamente parlando, Giovanni Lucenti aveva senza dubbio goduto di quel grande dono naturale che appartiene soltanto a pochi privilegiati: saper parlare agli altri con il linguaggio dei colori, espressione sostanziale della versatilità, dei sentimenti e dell’anima di un pittore, la cui opera è destinata a durare nel tempo. Perché le sue tele sono una testimonianza tangibile che va oltre la vita: grazie soprattutto alla sua pennellata elegante che riusciva a fondersi con le sottili vibrazioni del colore, in un clima poetico di grande respiro.
Fonte: Luigi Rogasi, Pozzallesi del XX secolo, cento nomi da non dimenticare.
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